...questa la reazione alla visione di uno Psicodramma Moreniano.Inaspettata e, per questo, assolutamente gradita.
"Intimità collettiva non governata"
Potrei analizzare scindendo le parti ma provo a lasciarmi andare alla sensazione che il tutto ha su di me e quindi provo ad immaginare il suo pensiero, il suo stato d'animo.
Percepisco l'invadenza.
Probabilmente lo "spettatore" ha percepito il tutto come un'invasione morale, emotiva. è stato squarciato un velo, privato, in presenza di altri e a questi altri (il gruppo) si sono aggiunti gli spettatori: noi. Noi che possiamo guardare quell'emozione.
Se ci pensi è un po' come accade quando vai a cinema o a teatro ed entri, davvero, nella storia narrata. Lì c'è l'interpretazione di terzi.
Attraverso l'emozione privata e personale dell'attore (sarà per questo che ho molta cura e curiosità verso questi ultimi?) si mettono in scena storie; qui, nello Psicodramma -visionato solo a scopi didattici- ognuno interpreta se stesso, seguendo la sceneggiatura della sua vita.
Questo rende il tutto "fastidioso"?
Psicodramma?
mmm
mi verrebbe, istintivamente, da dire: portare in scena la propria vita, interpretando se stessi e le persone che ne fanno parte, vivere le relazioni attraverso l'improvvisazione, in un continuo gioco di ruoli.
Esatto, gioco!
Psicodramma, come ha detto qualcuno (Ottavio Rosati), è una traduzione infelice ecco perché se parliamo di Psicoplay, forse, dico forse, è più facile pensare alla recitazione e al gioco.
Il gioco, fondamentale per il bambino, lo è anche per l'adulto. è fondamentale sempre.
Dovremmo essere costantemente spinti dalla curiosità e dalla meraviglia.
Non è uno spettacolo teatrale.
Non si prostituiscono emozioni.
Non lo si farebbe mai. Mai!
Però continuo ad avere incertezze sull' "intimità collettiva non governata"
Intimità collettiva.
Governata?
Se si crea un'intimità collettiva, probabilmente ci stiamo relazionando ad un gruppo, e se un gruppo crea un'intimità, perché questa dovrebbe essere governata?
Indirizzata, forse si intendeva dire indirizzata, analizzata.
Infatti lo psicoterapeuta non lascia scoperti ma avvolge, elabora: restituisce.
Ed io che pensavo di aver scelto un linguaggio comunicativo, quello dell'Arte attraverso lo Psicodramma di Moreno, esplicito e chiaro.
Il lavoro parte da qui.
Esigenza continua.
Il confronto come necessità.
ps di Ottavio Rosati Nella forma classica di psico.play, il paziente inscena una situazione presente passata o futura della sua vita, in un gioco improvvisato il cui scopo è la terapia e la comunicazione, non lo spettacolo. Sono necessari un gruppo, degli attori (detti ego ausiliari) e uno o più conduttori. Ė possibile il ricorso a luci, musiche, elementi scenici e attrezzi. Ė augurabile un apposito teatro di psico.play a pianta centrale o, per lo meno, uno spazio ampio e articolabile.
Il conduttore aiuta il paziente di turno a distribuire i ruoli e ad interpretare se stesso, per meglio comprendere e trasformare la propria vita. Il gruppo funziona, prima come una compagnia teatrale a disposizione del singolo paziente e poi come una platea che rispecchia il gioco e gli risponde con altri giochi. Questa circolarità dà vita a uno stato d’animo atipico, più facile da vivere che da definire a parole: qualcosa tra ciò che Eugenio Barba chiama “il terzo teatro” e il meccanismo che la psichiatra tedesca Gretel Leutz, una delle prime allieve di Moreno, chiama alleanza collegiale terapeutica.