giovedì 30 agosto 2012

Raccontare l'Arte: Michele Sinisi



È nello scenario del Festival Internazionale “Castel dei Mondi” che incontro Michele Sinisi. Non ha bisogno di presentazioni essendo – con Michele Santeramo – il padre del Teatro Minimo.
Michele ha il merito di aver portato ad Andria una realtà teatrale di rilievo nazionale e quel profumo di teatro che mancava, con progetti importanti e che hanno cercato, riuscendoci, il coinvolgimento della città e dei cittadini (AndriaXzone), consegnandole uno spazio dedicato alle performance attorali (auditorium “Paola Chicco” presso la scuola A. Manzoni). Performance non solo personali, citando su tutti Valerio Binasco (quest’anno premio Ubu per la regia del suo Romeo e Giulietta) e Sergio Rubini che ha aperto l’ultima edizione del festival.
Una chiacchierata questa sulla riflessione del mestiere dell’attore. Michele si sente un artigiano. Cercando la definizione di “artigiano” ci si rende conto che lui lo è, e lo è profondamente, nelle sue componenti fondanti, in tutta la sua personalità come uomo e come attore: dalla produzione di “beni” – i suoi spettacoli – tramite l’attenzione del lavoro “manuale”, all’unicità dei prodotti, alla bottega che mi rivela essere il suo grande sogno. Me lo dice sorridendo e sono proprio l’entusiasmo e la passione a muovere questo artista che è pieno di idee e progetti sempre nuovi, sempre diversi, ma che hanno un comune denominatore: la crescita, sua e dell’ambiente che lo circonda.
“Fare l’attore è un mestiere” e come per tutti i mestieri c’è bisogno di competenza, preparazione, dedizione. Prima di arrivare al “suo” mestiere ne ha fatti tanti altri. Ha vissuto a Roma – dove ha conseguito la Laurea in Lettere Moderne – qui ha succhiato il succhiabile dalla vita, dalle esperienze e dalla voglia continua di relazionarsi al mondo, alle diverse personalità, alle molteplici culture, prima di tutto per conoscere sé stesso e poi per continuare ad avere spunti di riflessione utili al suo mestiere.
Michele non ha una formazione accademica, ma senza retorica sento di poter dire che l’ha acquisita vivendo e incontrando persone come Gerardin Baron o lo stesso Valerio Binasco, che gli hanno dato tanto ricevendo da lui spunti artistici interessantissimi.
“Cosa c’è alla base di tutto? Imparare a non recitare”. Questo è un mestiere difficile perché si passa attraverso le emozioni, si deve imparare a riconoscerle e a maneggiarle, tutte, senza correre il rischio di recitare sul palcoscenico. Chi guarda non deve percepire la finzione di ciò che i corpi raccontano, perché in scena l’anima dell’attore non deve mentire mai. E la sua anima arriva, guardandolo vivere sul palcoscenico.

#domaniandriese

Fare da soli

"Non credo sia funzionale parlare di solitudine per fare alcune cose, non credo sia un caso che per mettere in atto l'unico miracolo possibile all'uomo (la gravidanza) ci sia bisogno di un "due".
Credo che gli altri siano necessari alla nostra conoscenza, del resto vediamo negli altri le proiezioni di noi stessi e familiarizzare con queste è possibile vivendo e come lo facciamo se non relazionandoci al mondo?
Vero anche che la solitudine, quella cercata, è necessaria per riflettere e per ritrovarsi.
La felicità che si prova in un dolore è un'esperienza nuovissima per me.
Fare i conti con i tasselli che scopriamo di noi stessi è faticoso ma, come dico sempre, è un dolore con vettore positivo; sappiamo che lo stiamo facendo per noi perché ci stiamo dedicando del tempo.
E' emozionante, non trovate?
Una ferita narcisistica
Non ha fatto male a me ma a quella parte di me che si piace
Del resto non avrei reagito con così tanto dolore se non fosse stato per me
Siamo egoisti, cattivi ma anche meravigliosamente belli e sensibili.
Siamo molte cose e le scopriamo vivendo e non sopravvivendo e quindi senza fare da soli"
di Nunzia Barrai da Riflessioni in un barattolo

domenica 26 agosto 2012

La notte

Adoro le città di notte, non è vero che sono silenziose...
Ogni rumore di vita viene alla luce.
Il russare dell'uomo del piano di sopra,
il godimento di una donna mentre fa l'amore,
il pianto di un bambino svegliato da un brutto sogno e la ninna nanna cantata dalla sua mamma,
i cani che si parlano in lontananza,
una finestra che si chiude,
una luce che si spegne.
I sogni... sarà questo il rumore che fanno?
Adagerei la mia malinconia su questo guanciale, chiuderei gli occhi provando a sospendere il pensiero e i ricordi che scorrono sempre veloci perché c'è vita.
Ogni certezza vien meno quando ci si relaziona al mondo. Ogni persona, ogni singolo contatto ci regala delle sensazioni.
Tasselli, siamo tanti tasselli che si compongono e ci compongono.
Vorrei imparare a vivere meglio.
E' un "tendere verso". Me lo ripeto da tempo.
Ho bisogno di dedicarmi del tempo, di dedicarmi la mia vita.

Le pagine del diario

"Apostroferei questo momento in mille modi diversi eppure adesso non me ne viene in mente nessuno." Si aggirava nervosa e silenziosa. Aveva un nodo in gola continuo. Piangeva, sì mentre tutto intorno continuava inesorabile, lei piangeva. Grandi occhiali che nascondono uno sguardo che guarda verso un infinito finito tra le sue mani ancor prima che potesse viverselo.
Provai a dirle che l'importanza di un'esperienza nella vita la denotano il numero di pagine del proprio diario.
E poi se ti dicessi: "sintetizza" quanto posto occuperebbe? Non valgono gli aggettivi che racchiudono ma i racconti che descrivono. Allora? Provai ad esortarla, utilizzai un tono forte. Attesi nel suo silenzio e poi mi rispose che non ne era valsa la pena e che forse quelle erano lacrime di gioia per le emozioni che sarebbero venute; per il futuro. L'abbracciai. Sapevo che in quel momento aveva bisogno di raccontarsi quello ma nei suoi occhi scorrevano le immagini dei ricordi. Si appellava a quella teoria per la quale se sei felice non hai il modo o il tempo di scrivere. La mia teoria era pronta a cadere ma non in quel momento. Sfruttai l'indolenzimento del suo dolore. Mi credette o finse di credermi. Mi guardò sorridente; sapeva che sarebbe ripartita da lì ricordando a se stessa che non si era mai del tutto fermata.
da Racconti in bianco e nero Airoldo Fortuna

sabato 25 agosto 2012

Annotazioni sulla spiaggia

"Nel pomeriggio si è affacciata dal cielo per vedere com'era. Il mare ondeggiava e il chiacchiericcio teneva svegli i pesci ma al largo, proprio vicino all'orizzonte, una vela bianca cantava la sua solitudine e ti sorrideva" Nunzia Barrai

"e quando non ci sarò più ti accorgerai di quanto era duro il lavoro per tenermi accanto. Solo quando c'è credi sia naturale ma poi ti rendi conto che ci voleva impegno. Non ero legata alle etichette, ai nomi ma a quello che credevo fosse il tuo amore. era amore il tuo ma solo rivolto a te stesso. che triste vita quella di un uomo solo" da Lettere D'addio Nunzia Barrai

"le sue domande mi sembravano strane eppure lo ero io che ero maledettamente uscita dal gioco della realtà senza essermene resa conto"

"Impazzire di può? Impazzire si deve" lo urlava sperando di far capire alla gente intorno l'importanza della libertà d'espressione che era stata rubata silenziosamente. Poter essere tanti essendo se stessi sempre.


"credo di essere sempre un bicchiere di vino rosso in una tavolata gremita di gente che preferisce la birra.

"sembra passata una vita eppure vivi sempre all'interno della stessa"



lunedì 20 agosto 2012

Lontani ancora

Pagina 514

 Eravamo lontani, ancora una volta lontani e non c'eravamo raccontati nulla. Avrei voluto viverti, non avrei voluto raccontarti di me. Avrei voluto che vivendomi avresti potuto dire "sei tu" e io affannosamente cercavo di fartelo capire ma poi non era per te ma per me ero perfetta per me cioè volevo essere perfetta per me cercavo di convincere me stessa così come faccio da una vita.


 -mi aspetti?
-sto partendo
-puoi aspettarmi?
-non ho tempo
-chiedi di spostare il volo
-è già tutto deciso
-e io?
-e io?
 -pensiamoci un po'
-ho deciso di pensare a me
-ah, bene
-bene?
-l'hai fatto per così tanto tempo
 -io?
-sì.
-...
-hai pensato a te, ai tuoi sogni, la tua vita, la tua casa. tu prima di tutto e io speravo mi vedessi. eri concentrata su te stessa
-e pensare che non ho mai provato amore
-mai?
-sì, per me. per me non ho mai provato amore
-e allora ti ci vorrà una vita per renderti conto che ti sei amata e l'hai fatto così tanto da esserti dimenticata di tutto e tutti
-siamo lontani, ancora una volta


 ancora una volta lontani
ancora una volta
lontani.




"e se quel riferimento alla pagina non ti dice nulla è solo perché hai perso le regole del gioco che trovi qui:http://noetichette.blogspot.com/2011/06/il-gioco-delle-parole.html BUON VIAGGIO!"monica

lunedì 13 agosto 2012

alibi

Tra l'alibi dell'incapacità di comunicare (comunicano anche le pietre) e l'alibi del "non ti farei mai del male volontariamente" si è organizzato un omicidio perfetto. non è ancora stato trovato il cadavere di chi sperava di uccidere.

come specchi e come treni

Siamo come specchi che si affacciano a cose nuove riflettendo ciò che c'era già. Ci possono essere impegni di vario tipo ma a volte siamo così dannatamente affezionati a quello che era da non avere il coraggio di dire "voglio restare lì". Abbiamo così dannatamente voglia di restar fermi che il movimento turba ogni pensiero. Cerco qualcosa di buono e continuo a scavare non trovando nulla. Ancora nulla. Ci sono treni che prendi in corsa senza sapere che si è intrapreso il viaggio poco prima del capolinea. Ci hai provato, ecco. è importantissimo, sembra poco ma "ci ho provato" è una coccola efficace se l'anima prova a darti tregua, se la tua essenza non esplode e il tuo cuore tace un enorme "vaffanculo".