mercoledì 28 maggio 2014

I sei personaggi ne "La prima cena"

                             

E se la domanda fosse cosa immagini essere il mondo del teatro, la risposta non avrebbe nulla a che fare con l' immaginazione ma con l'incontro.
Questo, esattamente questo, è ciò che è stato.
Ho incontrato il teatro in scena; ho incontrato il Teatrino dei Fondi.
La prima cena, testo di Michele Santeramo, regia di Michele Sinisi e sei persone, sei anime, sei attori.
Il teatro arriva in platea. Una scelta coraggiosa e assoluta. Lo spazio per gli attori è ridotto all'osso ed è come stare lì. Finalmente sono in palcoscenico. Un unico spazio per tutti.
Un unico spazio fisico ed emotivo come magistralmente riescono le parole di Santeramo che la Dimaggio, a ragione, definisce partitura.
Sono sei personaggi specifici e per questo universali. Ne riconosci le caratteristiche diverse e ti riconosci.
Sei monadi costrette nella condivisione di uno spazio interno ed esterno e ciò che sarebbe potuto essere e la bugia della luna ad illuminare. Bolle di sapone che durano un istante e si dissolvono nel nulla lasciandone il ricordo.
Tre fratelli, i loro coniugi, l'esperienza familiare che modifica e forma inesorabilmente e poi un lutto, quello del padre, li porta nella casa natale per l'eredità da dividersi. Uno spazio, come detto, ridotto nella costrizione della condivisione e nei gesti controllati. Il rimando alla guerra, ai tumulti dell'anima, alle parole che non comunicano e agli oggetti - i soldi - come unico dato rilevante. L' assenza della catarsi in scena e in platea che costringe a riflettere e a cercare altrove per ricominciare nel mondo con colori nuovi.
Una regia attenta e capillare. Uno stare in  scena profondo e contenuto.
Gli attori erano i personaggi, personaggi con autore, finalmente!
   Questa esperienza, questo  molteplice connubio nasce dal lavoro condiviso di due residenze teatrali (Teatrino dei Fondi - Teatro Minimo) e un testo inedito.

Officina S. Domenico (Andria), pomeriggio assolato è qui che creiamo il nostro scambio.
Un cerchio, metafora degli abbracci che saranno, e i racconti. Uno alla volta, ognuno con il proprio linguaggio emotivo e con il suo  mondo. 
Un ascolto, il mio, commosso e partecipato.
Chi sono le persone, quali personaggi vestono nella vita? Sono legata alle maschere come scelte e non coperture. Le maschere, come anticamente è stato, amplificano la voce e l'anima: questa è la personalità, di tante di esse siamo composti.
Mi ha, sin da subito, incuriosito il lavoro sugli attori fatto da Michele Sinisi.
La partenza con dei provini (veri e a quanto pare ormai rari) e il toccare le doghe del teatro senza memoria. Senza la memoria del testo e senza la memoria di sé attingendo da se stessi. Essere puri trovando nelle parole l'occasione, il mettersi a servizio, il perdere.
Gli ho chiesto questo e anche ciò che resta.
Vado con ordine sperando di dar giusto respiro.

Anna Dimaggio
nella preparazione è stata chiesta aderenza al testo, ad un testo detto e non recitato. Un isolamento in scena di micromondi. La difficoltà? Annullarsi, essere al servizio delle parole. Lavorare in sottrazione. Tenere a bada l' ego dell'attore. Cosa resta? Mi chiedo se ci sono riuscita. Ti si chiede di diventare invisibile pur essendo presente. Dalla storia resta la crudeltà del momento che viviamo. L' invividualismo.
Anna ha, nelle tante esperienze fatte, l'incontro assoluto con il Maestro Orazio Costa e il suo metodo.
Ha oggi uno sguardo diverso, un punto nuovo dal quale guardare il teatro ed è così che annuncia che questo è il suo ultimo lavoro da attrice, proseguirà ancora nella regia e nella cura della Titivillus Edizioni.

Matias Endrek
il Teatro Minimo è una filosofia di lavoro. Matias è argentino e tiene a sottolineare che in Italia il teatro è un teatro di regia. Quello di Sinisi e Santeramo è un teatro d'attore. Il teatro parte dall'attore.
Dal testo, questo testo, è difficile scappare e allora bisogna arrendersi al teatro e alla scena e lasciarsi andare. è come uno scivolo. Difficile è salirci ma una volta che sei su...
"L' uccello vola perché non pensa, se pensasse non volerebbe".
Il teatro è stare nel presente. Tutto, come nella vita, è a disposizione, basta saper guardare.
In questo lavoro ho inserito le mie esperienze personali. Ho offerto, regalato alla scena, al testo, alla regia.
Non ho mai scelto di fare l'attore, ho scelto un percorso di consapevolezza di me stesso attraverso il teatro.

Mauro Barbiero
"L'uomo dovrebbe fare della propria vita un'opera d'arte". Parte da d'Annunzio, parte da adolescente per cercare e scegliere nuove sfide.
Questo lavoro gli resta addosso. Qui non c'è spazio per l'interpretazione, o ci sei al cento per cento o non funziona e le battute vanno buttate in maniera spensierata. Devono esserci. Sono quelle risposte e quelle affermazioni che danno voce allo stato emotivo del personaggio. Un lavoro sul corpo importante. Un lavoro nella postura e nell'impossibilità del movimento.

Silvia Rubes
Mi chiedo subito come sia stato possibile. Come sia stato possibile che un' Artista, lei, abbia deciso, così, senza chiedere il "permesso" di andar via dalle scene per un po'. Da spettatrice l'ho ringraziata per essere tornata e nelle lacrime che conservavo in gola c'era un "non farlo mai più, ti prego".
Ricomincia da questo lavoro, dall'emozione del provino e dal lavoro sul testo. Non le si chiedeva di scolpire ma le si chiedeva un ritratto. Doveva imparare a disegnare per rimanere in uno stato, in un tipo di presenza a servizio di un'emozione statica.
L'inizio è stato difficile.
Resta il processo, e il gruppo che dice " ci mette di fronte a noi stessi, con calma".

Silvia Benvenuto
Nel ruolo di Flavia, il Sinisi, mi ci ha portata per i capelli. è un personaggio scomodo che ha un disagio che non riesce ad esternare in un'altalena che oscilla tra giudizio e senso di colpa.
In questo lavoro ognuno di noi ha a che fare con se stesso. Il contatto con il vivere, con le proprie fragilità e paure.
Un ritorno in scena, anche il suo, e anche qui mi chiedo come può, chi possiede un' Anima, decidere di tenerla per sé?

Alberto Ierardi 
Questo lavoro è stata un'occasione per misurarmi, per mettermi a disposizione dove i miei interlocutori, gli altri in scena, hanno un'esperienza di vita più complessa della mia. Ho capito che per questo lavoro è fondamentale l'atmosfera.
I temi affrontati sono difficili. è dallo spazio che faccio partire il motore emotivo di costrizione e insofferenza che poi va rigettato in scena.

... e nel gioco delle libere associazioni, per loro il teatro è: luce, vita, casa, amore, libertà, comunità.

Per tutti il gruppo è stato un valore. Questo gruppo è un valore e andrebbe preservato.
Rosa Iacopini, assistente alla regia, ed Enrico Falaschi, direttore di produzione, fanno da collanti ad un mondo che concretizza la mia immaginazione sul teatro.
Un grazie profondo a loro e a quel connubio magico e concreto che sono Michele Sinisi e Michele Santeramo. Il loro, come hanno condiviso i ragazzi, è un teatro che ha la grandiosità di parlare a tutti.
Una partitura perfetta, senza un maestro d'orchestra non rende piacevole il suono di strumenti indispensabili.

"La musica è tra le note" W. Amadeus Mozart 
Gioia Guglielmi