martedì 8 ottobre 2013

Raccontare l'Arte: Fabrizio Bosso



Fabrizio Bosso e la capacità di regalare “bellezza”

Ed è alla fine del concerto “Four friends in Bari”, incontro Fabrizio Bosso.
Ci accomodiamo all’ interno di questo salone fatto di pietra e dettagli blue. I tavoli sono ancora coperti da delle tovaglie, scegliamo quella con meno briciole che sono deliziose dopo una scorpacciata di buon pane e io, ascoltandolo, ho fatto una scorpacciata di emozioni in musica.
Disponibilissimo a rilasciarmi un’intervista parte con il suo racconto.
In realtà non ha bisogno di alcuna presentazione perché per lui parla il suo nome che ormai da anni è sinonimo di Jazz, in tutto il Mondo.




Ogni storia ha bisogno di un inizio e io non posso prescindere dal chiedergli da dove sia partita questa passione ed è piacevolmente disarmante ricevere quella risposta che ti attendi a supporto delle emozione che arrivano quando è sopra un palco ad imperare con la sua tromba. 



La passione per questo strumento nasce con lui e con un padre musicista “ho iniziato a suonare per imitazione. A tre, quattro anni suonavo trombe in plastica fino a che all’ età di cinque anni me ne hanno regalato una vera” e a sette inizia a studiare musica. “Non vorrei sembrare arrogante ma ho capito quasi da subito che poteva essere la mia vita” e quale arroganza migliore sentir parlare un uomo che ci regala, attraverso delle note che prendono forma e consistenza, dei racconti che sanno di rosso, bianco, di voli infiniti, di malinconia e abbracci intensi.



Riconoscere il proprio talento e poterci lavorare è una capacità che non tutti posseggono. Consapevole di questa si trova, bambino, a studiare per poche ore al giorno i brani classici e poi, presi i dischi di sua madre, ad improvvisare sulle note dei brani di Mina, Gino Paoli, Ornella Vanoni, Lucio Battisti.



Il jazz non l’ha mai davvero studiato e mi domando come si possa studiare questa musica che, per eccellenza, rappresenta l’improvvisazione di un inconscio consapevole pari a quel “flusso di coscienza” tanto caro a James Joice, Virginia Woolf e non solo.



Come ogni vita, che tale può essere definita, fatta di momenti caratterizzati da tinte forti più o meno vivaci, Fabrizio mi racconta dei suoi momenti difficili ma con forza ci tiene a sottolineare “non ho mai pensato di smettere di suonare” e con un sorriso imbarazzato e quasi sottovoce, come se fosse una colpa, aggiunge “è l’unica cosa che so fare”.



È una curiosità diffusa, di certo è la mia, quella di scoprire cosa passa nella mente di un musicista durante i concerti.

Ci sono momenti che sono emotivamente forti, dati dalla gentile rarità, durante i quali la sinergia tra i musicisti sul palco e il pubblico lo portano a non pensare a nulla e quindi “il top, mentre suono, è non pensare a nulla” è la musica che lo porta ovunque senza essere “distratto” dalla sequenza delle note.
Ogni evento, seppur negativo, gli lascia la sempre maggior consapevolezza di essere, in quell’ assoluto variabile che caratterizza la vita stessa.



Esiste una sequenza di note in grado di poterti rappresentare? Ci pensa, respira e “In a sentimental mood” che ha proposto questa sera “è una sequenza che mi mette in pace”.



Esiste un’immagine in grado di rappresentarti? Sorride e poi con uno sguardo d’imbarazzo parla della porta che ha preso in faccia qualche giorno fa. Mi fa piacere scrivere questo che è un racconto confidenziale, non me ne voglia, perché mi ha fatto pensare a questa voglia infinita di crescita, il non sentirsi mai arrivato, il voler imparare ancora tanto e il migliorarsi. È difficile pensarlo essendo Fabrizio Bosso.


L’arte che produce è e decidere di metterla al servizio degli altri, non solo come mero momento di relax e divertimento, fa di Fabrizio non un personaggio ma una persona che instancabile produce. 


L’arte è arte solo se cura, sostiene Alejandro Jodorowsky e lui, dedicandosi ai familiari dei bambini ospedalizzati di “Casa Oz” di Torino, ai concerti improvvisati per i bambini africani e la voglia di tornarci per regalare loro un’esperienza, “per portare la musica in posti dove non è mai arrivata” mi fa tornare a casa con un sorriso profondo.


Le cose belle esistono, basta saper guardare.


#ristoranteumaniandria #domaniandriese

Nessun commento:

Posta un commento