martedì 28 giugno 2011

Nessuna meraviglia


Pagina 262

Non riuscivo a provare emozioni, nessuna meraviglia.
Osservavo tutto quello che mi circondava e, seppur tutto catturava il mio sguardo, nulla era in grado di meravigliarmi.
Ancora oggi percepisco l'emozione degli altri ma non riesco a percepire la mia.
Nessuna meraviglia: anestetizzata








"e se quel riferimento alla pagina non ti dice nulla è solo perché hai perso le regole del gioco che trovi qui:http://noetichette.blogspot.com/2011/06/il-gioco-delle-parole.html BUON VIAGGIO!"monica

5 commenti:

  1. «Sono qui per stupirmi», scriveva Johann Wolfgang Goethe.

    Aspirazione e speranza (condivisa da tutti, probabilmente).

    Per alcuni, a volte con un po' di sana incoscienza: l'apertura allo stupore, alla meraviglia, al ritorno ad una fanciullesca emozione improvvisa, assoluta e totalizzante.

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  2. questo non c'entra. e forse non c'entra nemmeno l'anestesia che hai e quello che ti circonda. non c'e' nessuna relazione a mio vedere.

    mi piace molto la frase di goethe. molto.

    eh..cosa volevo dire e' un'altra cosa. che relazione puoi fare, estemporanea, tra etichetta come regole non scritte, di educazione (?) e l'etichetta che combatti tu (a volte giustamente). vai!

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  3. Goethe, grazie Abelha.
    "Sana incoscienza" che mi viene da dire essere presente solo se si ha confidenza con ciò che si è. restare bambini per assaporare tutti i colori credo sia l'unica soluzione, per tutto.

    Ric il personaggio di questo brano è anestetizzato e percepisce tangibilmente questa condizione con l'assenza della meraviglia.

    Al tuo quesito potrei rispondere banalmente dicendo "la nostra libertà finisce dove inizia la libertà dell'altro" e potrei aggiungere questa volta sperando di essere meno banale che il rispetto sia alla base di tutto e che la relazione che ognuno ha con il rispetto di se stesso è quello che poi avrà con gli altri. Non esistono regole assolute (solo le espressioni del volto sono internazionali e multiculturali) perchè sono legate alla cultura e questa che crea le etichette, tutte. Non dico di annullarle o disprezzarle; nella prima fermata di questo viaggio dicevo, appunto, che le etichette e volte ci servono per coprirci ma l'intento è quello di prendere coscienza di tutto per poterlo gestire al meglio.
    L'apertura mentale, data dalla consapevolezza, ci aiuta ad accettare quelle "regole" diverse dalla nostra cultura e/o educazione senza giudicarle o disprezzarle.
    non so se ho risposto ma mi chiedevi un flusso e questo è!

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  4. si grazie Abelha. davvero splendido. anche Heine ha scritto perle brevi. ora non le ricordo con precisione ma un giorno le ripeschero'.

    CARA MONICA. dunque. con la prima frase scavalchi la mia domanda. con la fine del commento ci ritorni vicino. forse mi sono sbagliato o il mioangolo di lettura e' grossolano questa sera nel risponderti.

    in sostanza, "a man of etiquette" e' nel mio mondo una persona che ha un savoir faire che accomuna giudizi generosi e che non intralcia nessuno, che non e' esuberante tanto da dare fastidio. e' anche un modo per celare qualcosa. ma questo non significa etichettarsi.

    qui andro' fuori ancora, ma credo abbiano molte piu' etichette di quelle che dici tu, chi grida ai quattro venti di non averne e insulta chi e' in una retta via di comportamenti coerenti. mi ha fatto sempre piu' piacere cercare di capire al meglio chi si cela che chi dice di essere un libro aperto.

    pero' e' un pensiero notturno, sono stanco e domattina potrei ricredermi. forse.

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  5. prendere posizione, condividerla, rimodellarla. questo per me e poi TUTTI abbiamo delle etichette e come dicevo prenderne coscienza aiuta a gestirle e non ad eliminarle.
    la voglia di condivisione e messa in gioco continuo mi portano ad amare le relazioni con il mondo esterno.

    sono molto stanca anch'io e ti pregherei di aiutarmi, appena sarai riposato, a comprendere il tuo punto di vista e la tua domanda!

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